Una sera, in cui mi annoio, decido di guardarmi un film, “Uomini che odiano le donne”, tratto da un romanzo omonimo e con protagonista Daniel Craig(l’ultimo James Bond, per intenderci!). E, assolutamente inaspettato, eccolo: il colpo di fulmine.
Decido che devo assolutamente leggere il libro e così mi precipito in libreria, lo cerco tra gli scaffali e quando lo vedo mi batte forte il cuore. L’autore è Stieg Larsson, uno scrittore svedese morto prima che questo libro e gli altri due che vanno a formare la trilogia chiamata “Millennium” fosse pubblicata.
Non credevo mi sarei appassionata così tanto alla storia perché la letteratura scandinava di cui ho sentito parlare è perlopiù legata al genere poliziesco/thriller e devo ammettere che non ho mai amato molto questo tipo di romanzi, eppure eccomi qui a parlarvene. Il titolo è assolutamente azzeccato e capirete il perché.
Uno dei protagonisti è un giornalista, Mikael Blomkvist, che, a causa della pubblicazione di un’accusa fasulla ad un grande magnate svedese fornitagli da una falsa fonte, viene processato per diffamazione ed è costretto temporaneamente ad abbandonare il giornale di cui è fondatore e collaboratore. L’altra protagonista è Lisbeth Salander, ragazza problematica, con alle spalle una storia familiare tragica, fatta di abusi e di prepotenze, che si dipanerà e costituirà un asse portante dell’intera trilogia. Lisbeth è stata dichiarata incapace di intendere e volere e per questo è costretta a dipendere da un tutore legale, è un hacker professionista e lavora come ricercatrice part-time presso un’agenzia investigativa.
Le due storie corrono parallele fino ad incrociarsi inevitabilmente quando un vecchio imprenditore, Henrik Vanger, assume Blomkvist per indagare su un delitto rimasto irrisolto per lunghissimo tempo: l’assassinio di sua nipote Harriet, avvenuto circa quarant’anni prima. Dopo un’ iniziale titubanza, il giornalista accetta e inizia a fare ricerche, ad analizzare i singoli componenti della grande famiglia Vanger, venendo a conoscenze di segreti troppo a lungo nascosti e aberranti, per molti versi.
I due protagonisti si troveranno, una volta venuti a conoscenza l’uno dell’altra ed unendo le proprie forze, ad indagare su numerosi delitti di donne per mano di uomini senza scrupoli. Non voglio rivelarvi com’è che le loro strade si incrociano né tantomeno come questi delitti commessi da “uomini che odiano le donne” siano legati all’omicidio della giovane Harriet Vanger, perché vi priverei del gusto di sfogliare le pagine di Larsson e di provare a districare con Mikael e Lisbeth i nodi della storia.
Una volta risolto il mistero, li ritroveremo nei restanti due libri della serie, “La ragazza che giocava col fuoco” e “La regina dei castelli di carta”. Imperdibili quanto il primo romanzo, anche perché ci viene spiegata la storia di Lisbeth dal principio, una storia in cui il passato torna ad ossessionarla nel presente.
E’ stato così, grazie a Stieg Larsson, che ho capito che, bè, le saghe non sono poi una brutta cosa, anzi. Mi piacciono.
Mi piace conoscere a fondo un personaggio, e mi piace sapere che, una volta finito quel libro, ce n’è un altro che mi aspetta sul comodino. Mi piace perché mi affeziono ai protagonisti, mi pare di conoscerli da tanto, tantissimo tempo.
Perciò adesso, quando chiudo l’ultimo libro di una saga, mi sale su un po’ di nostalgia perché è come quando torni a casa, dopo aver trascorso il più bel pomeriggio della tua vita con gli amici di sempre e chiudi la porta della tua stanza, con un sorriso sulle labbra mentre, dentro di te, si fa strada la certezza che un pomeriggio così, perfetto così, non si ripeterà più.